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Il “Capitalismo carnivoro” vince il premio “Science Book of the Year”

“Non me l’aspettavo, ma mi auguro che questo significhi una sempre maggior attenzione alle implicazioni globali di quello che mangiamo”. Sono le parole di Francesca Grazioli, ricercatrice e autrice di Capitalismo carnivoro. Allevamenti intensivi, carni sintetiche e il futuro del mondo, il saggio pubblicato da Il Saggiatore e vincitore della prima edizione del Premio Science Book of the Year, organizzato da ItalyPost e assegnato nella giornata conclusiva del festival Trieste Next, svoltosi dal 22 al 24 settembre.

Il saggio. È la storia dell’industria alimentare, fatta di potenti lobby, e che ogni anno consuma 5505 miliardi di polli e permette al più grande mattatoio del mondo di macellare 36 mila maiali ogni giorno. È un sistema che utilizza il 70% delle terre coltivabili esclusivamente per lo sfruttamento animale: viene presentato come una bucolica fattoria, quando è invece un’industria sofferente che punta, come ogni attività intensiva, alla massimizzazione della resa e alla minimizzazione dei costi, applicate in questo caso a esseri senzienti. Tutto questo richiede enormi quantità di mangimi, per i quali solo nel 2018 se ne è andato il 90% della produzione mondiale di soia e mais, con gravi conseguenze in termini di disboscamento e perdita di biodiversità.

Una produzione a basso prezzo per il consumatore, ma dall’enorme costo sociale, ambientale ed etico, come denuncia Grazioli, economista specializzata all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e che oggi lavora al centro di ricerca internazionale Bioversity International, oltre che esperta di cambiamento climatico e sicurezza alimentare. “Mi occupo di comprendere le politiche economiche, il loro impatto sulla società, ma sono anche gastronoma e quindi una persona che studia il cibo”. Del suo libro ha detto: “E’ un esercizio di svelamento. Volevo mostrare che quest’industria ha un impatto a livello non solo climatico ma anche sociale, identitario, culturale, politico ed economico molto importante”.

Dopo la lettura del libro, mangiare carne non è più una scelta innocente né tantomeno innocua. Per quanto non sia solo una questione individuale, smascherare i processi economici sottostanti aiuta, comunque, i singoli a scegliere che tipo di società abitare. E se la lettura sarà un pugno allo stomaco – commenta l’autrice – “lo svelamento porta a un disagio, che è un passaggio necessario, dal momento che siamo in una situazione privilegiata in cui possiamo anche non vedere: si chiama rimozione della morte”.

La classifica. Il saggio di Grazioli è stato votato da quasi un giurato su tre e, con 73 voti complessivi, ha distanziato gli altri titoli della cinquina finalista, tutti molto forti. Che era composta, nell’ordine, dal Il male detto di Roberta Fulci (Codice), arrivato secondo con 57 voti; La cura inaspettata di Alessandro Aiuti e Annamaria Zaccheddu (Mondadori), arrivato terzo con 49 voti; I superbatteri di Fabrizio Pregliasco e Paola Arosio (Raffaello Cortina Editore), arrivato quarto terzo con 48 voti; e, infine, con 38 voti, Le sfide di Marte di Paolo Ferri (Raffaello Cortina Editore). La cinquina è stata scelta tra i 15 volumi già preselezionati dalla Direzione del Premio, facente capo a ItalyPost, tra le 58 proposte giunte da case editrici e istituti di ricerca pubblici e privati di tutt’Italia.

La giuria popolare. A spiegare il senso del premio è Roberto di Lenarda, rettore dell’Università di Trieste e presidente della giuria scientifica: “Non basta fare scienza, unico strumento per migliorare la qualità della vita delle persone, ma è importante comunicarla”. E di “ottimo inizio per questo premio” ha parlato il direttore di Trieste Next Antonio Maconi, riferendosi alla forte partecipazione a questa prima edizione del premio, istituito nel decimo anno della scomparsa di Margherita Hack, a cui è stato dedicato. Il coinvolgimento dei lettori è stato notevole fin dalla prima fase, nella tarda primavera, di apertura delle candidature spontanee per chi voleva far parte della giuria popolare. L’unico requisito era quello di essere presenti a Trieste per votare il titolo preferito tra cinque preselezionati da una giuria scientifica composta da scienziati e giornalisti. Le domande inviate sono state 600. I nomi dei giurati sono stati estratti tra questi, provenienti da tutta Italia: 27 dal Sud e Isole, 43 dal Centro, 129 dal Nordest e 101 dal Nordovest. La maggioranza under 40 (67 persone da 60 anni in su, 84 persone da 40 a 60 anni e 149 persone da 20 a 40 anni). Guardando alle professioni, 51 sono docenti, 30 ricercatori, 118 professionisti di varia estrazione e 101 studenti universitari.

Le menzioni speciali. Durante lo spoglio delle schede sono state consegnate cinque menzioni speciali. Quella dell’Università di Trieste è andata a “La cura inaspettata”, perché “offre una testimonianza rigorosa ma anche umanamente ricca delle innumerevoli strade, bivi e incroci che la ricerca deve percorrere, sempre con determinazione e integrità, per arrivare alla soluzione di un problema. Gli autori ci insegnano che la risposta può superare il contesto iniziale e aprire scenari per nuovi straordinari viaggi di ricerca”.

La menzione del Comune di Trieste è andata a “Le sfide di Marte” di Paolo Ferri, “per avere con scrittura scorrevole e accattivante unito divulgazione scientifica e racconto, piacere della scoperta e passione per il lavoro, e, contribuendo a rendere Marte meno misterioso, ha dimostrato che scrutare mondi lontani aiuta a guardare dentro di sé”. Ferri è, infatti, un fisico che ha lavorato per quasi 40 anni per l’Agenzia spaziale europea a Darmstadt, in Germania. È stato a capo del dipartimento di operazioni spaziali dell’Agenzia e responsabile di varie missioni, tra cui Rosetta, Mars Express e ExoMars.

La menzione speciale di Area Science Park, invece, è andata a “I superbatteri. Una minaccia da combattere” di Fabrizio Pregliasco e Paola Arosio con la motivazione che “questo libro fa luce su un tema invisibile all’occhio umano spesso sottovalutato. Il libro affronta questioni cruciali per la vita sul Pianeta, per la nostra sopravvivenza, e pone interrogativi per una futura gestione più consapevole della salute pubblica”. La menzione della Sissa è andata al titolo “Il male detto” per “l’originalità con cui l’autrice ha trattato il tema, sia mostrando aspetti scientifici inediti almeno per i non addetti ai lavori sia affrontando la questione da una pluralità di prospettiva”.

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